Qualche
vino dolce famoso
MOSCATO PASSITO
DI PANTELLERIA MARTINGANA
Doc
SALVATORE
MURANA
LA
ZONA DI PRODUZIONE, IL
VINO
UN PO' DI STORIA.
La storia dell'Isola di
Pantelleria e delle sue
Genti è caratterizzata
sia dalle sue origini
vulcaniche che dalla sua
posizione geografica al
centro del canale di Sicilia,
tra l'Africa e l'Europa.
Più di 500.000
anni fa ebbero inizio
le attività vulcaniche
a cause delle quali emerse
dal mare una parte dell'Isola,
una porzione di natura
tracheitica.
In seguito un'altra ondata
di magma ne accrebbe l'estensione,
definendone l'attuale
conformazione. Quella
che oggi si protende nel
mare è solo la
parte emersa di un edificio
vulcanico sottomarino.
I Fenici la chiamarono
Yrnm, isola degli uccelli
starnazzanti, i Greci
Kosyras, trasformata in
Cossura dai Latini. Per
gli Arabi era Al - Quasayrah,
Kusirah, Quawsarah e poi
Bent- el - Rhia, figlia
del vento.
I Bizantini chiamarono
l'Isola sia con l'antico
nome di Cossyra, che con
un nuovo appellativo,
Pantelleria, con le sue
varie forme: Pantalarea,
Pantelarea, Pantalaria...
L'etimologia è
oscura, ma pare risalire
a patella, in altre parole
piatto, scodella, larga
coppa.
Sono stati gli Arabi durante
il loro dominio, durato
ininterrottamente alcuni
secoli ad importare a
Pantelleria il Moscato
D’Alessandria, più
comunemente chiamato “
Zibibbo”. Grazie a loro,
valenti agricoltori, si
è sviluppata a
Pantelleria la viticoltura,
ed ha inizio la produzione
di uva passa; l’uva moscato
come si sa è, infatti,
molto aromatica anzi,
fra le varietà
esistenti in Italia, lo
“Zibibbo” sicuramente
è quello che esprime
più profumi. Fino
a metà dell’800
la produzione d’uva è
rimasta marginale nonostante,
persino Dumas Alexander,
in un paio di sue opere
citi il Passito di Pantelleria
come vino d’assoluto pregio
servito alla Corte dei
Re di Francia. L’unico
vino prodotto in quantità
considerevoli (almeno
per allora) era quello
rosso. Vino rosso che
oggi ritorna in maniera
preponderante alla ribalta
poiché da diverse
prove, sia con varietà
autoctone sia con vitigni
internazionali, la terra
dell’isola si è
dimostrata altamente vocata
alla produzione di tali
vini. L’economia dell’epoca
improntata essenzialmente
alla sopravvivenza non
consentiva uno sviluppo
produttivo, le uve “Zibibbo”
prodotte servivano in
massima parte al fabbisogno
delle famiglie; soltanto
quando pioveva le uve
messe in appassimento
che andavano a male venivano
utilizzate per l’ottenimento
del vino passito cosi
tanto apprezzato. Molto
diffusa all’epoca era
anche la produzione di
leguminose, di orzo, frumento
e di frutta secca (fichi
ed uva passa); con l’unità
d’Italia, i mercati nazionali
scoprono l’uva secca passa
di Pantelleria, esplode
la domanda che mai nella
totalità viene
soddisfatta. Risale a
quel periodo d’oro 1865-1925
l’espansione della viticoltura;
a mano viene disboscata
buona parte dell’Isola
(circa l’80%) e trasformata
in fertili terrazzamenti
che insieme con i “Dammusi”
caratterizzano il paesaggio
rendendolo unico, mai
però si è
puntato ad una produzione
vinicola. Subito dopo
la fine della seconda
guerra Mondiale, incomincia
la decadenza che tocca
il culmine con il finire
degli anni 80. Da un decennio
è in atto un’inversione
di tendenza, grazie anche
all’apporto di alcuni
operatori del luogo che
sono riusciti a far attenzionare
nella giusta maniera sia
il Moscato sia il Passito
di Pantelleria. Nel corso
degli anni è, infatti,
andata migliorando la
tecnica produttiva e,
con l’ausilio delle moderne
tecnologie e delle sperimentazioni,
si è arrivati alle
attuali produzioni di
assoluta qualità
caratterizzate da pienezza
di corpo e longevità
che, soprattutto nei Passiti,
marcano la loro provenienza.
Dipende poi dalla sensibilità
della mano dell’uomo far
sì che i profumi
della vigna, durante le
varie fasi lavorative
e affinamento, finiscano
dentro le bottiglie. Da
queste piante, i primi
grappoli maturano a fine
luglio, a metà
Agosto incomincia la vendemmia
che si protrae fino Ottobre
inoltrato, abbiamo, infatti,
a Pantelleria la vendemmia
più lunga d’Italia;
le uve provenienti dalle
zone rivierasche e man
mano verso l’interno,
fino ai primi di Settembre,
vengono messe in appassimento
e, per evitare il formarsi
di muffa, vengono girate
e rigirate manualmente
e secondo i vini che si
intendono ottenere viene
determinato il periodo
di appassimento cosi da
ottenere la concentrazione
zuccherina desiderata.
Parte delle uve rimangono
distese fino al raggiungimento
del totale appassimento
e verranno utilizzate,
se necessario, successivamente
in operazioni di governo,
oppure come frutta secca,
le uve semiappasite, invece,
ottenuta la concentrazione
desiderata proseguono
in cantina il processo
di trasformazione, subiscono
una pigiodiraspatura e
vengono fatte fermentare
alla stessa maniera di
una (vinificazione) in
corso prolungata; la premitura
avviene dopo che buona
parte della fermentazione
si è sviluppata.
Il mosto vino in fermentazione
continua nel suo processo
trasformativo fino al
raggiungimento delle gradazioni,
sia alcolica e residui
zuccherini, cosi come
stabiliti dal disciplinare
di produzione. Ottenuto
il vino, sia esso Passito
o Moscato, inizia l’affinamento
che può avvenire
in vasca, in botte, in
bottiglia. Alcuni produttori
prediligono il legno insieme
alle vasche, altri solamente
quest’ultimo.
SALVATORE
MURANA
L'azienda è nata
nel 1984 quando Salvatore
Murana ha deciso di dar
vita ad una impresa vinicola
tutta sua. Ha puntato
subito in alto ed il lavoro
lo ha premiato. Oggi ha
raggiunto i massimi livelli,
ma l'impostazione è
rimasta quella artigianale
volta a creare grandi
vini di qualità.
Salvatore ha saputo rimanere
attaccato al proprio territorio
e trasferire nelle sue
bottiglie il profumo della
sua isola, Pantelleria.
I vigneti dalle quali
ricava i suoi inconfondibili
prodotti sorgono nelle
migliori zone dell'isola.
Gran parte dei suoi vigneti
sorgono in pendii che
si affacciano sul mare.
Le sue vigne confinano
in altre parole con quello
che una volta fu il "Mare
Nostrum", il Mediterraneo.
Lui Salvatore è
un personaggio straordinario.
E' schietto, sincero,
capace di trasmettere
il suo grande amore per
la sua isola agli altri
e di trasferirla nei suoi
vini che sono di classe
assoluta. L'ultima sua
invenzione, l'Isola nell'Isola,
in quel di Muegen, dimostra
il suo grande coraggio,
la sua capacità
di far andare in una parte
remota di Pantelleria
centinaia di turisti innamorati
del suo passito o del
suo vino bianco da tavola.
Salvatore Murana, mentre
s'aggira lungo le terrazze,
tenute insieme dai muretti
in pietra lavica, sembra
essere tutt'uno con il
paesaggio di dammusi.
E' una sola cosa con il
suo territorio, fatto
di migliaia di pietre
che non poggiano una sull'altra
mai a caso. Come gli aromi
del suo Martingana, il
passito che ha vinto un
premio Oscar, dove gli
odori, uno per uno, sembrano
essere stati studiati
per far bene all'olfatto
prima ed al palato dopo.
Come il vento ha levigato
una per una le pietre
di Pantelleria, così
Salvatore, anno dopo anno
ha raffinato i suoi prodotti
fino a farne una delizia
assoluta.
Gira e rigira il calice,
Salvatore Murana, e racconta
come nasce il suo vino.
Mostra le viti - bassissime,
con la tipica lavorazione
«a paniere»
- e le «conche»
scavate nel terreno vulcanico
intorno alle piantine.
Come usa a Pantelleria,
per non lasciare i grappoli
in balia del vento, che
è una costante
dell'isola e che raggiunge
spesso altissima velocità.
Mostra le serre a tunnel
utilizzate per l'appassimento
dell'uva. Spiega come
l'uva passa venga aggiunta
a quella fresca (in proporzione
di circa il 30 per cento,
nel caso del Passito),
dopo essere stata pulita
(«rigorosamente
a mano») da frammenti
di legno del grappolo.
Un grande personaggio,
Murana. Il suo Passito
migliore, il Martingana,
è «abbonato»
ai tre bicchieri del Gambero
Rosso. Eccellenti anche
l'altro Passito di casa
Murana, il Khamma, e il
Moscato Mueggen, prodotto
sempre con Zibibbo, ma
con una percentuale inferiore
di uva passa. Normalmente
il Moscato raggiunge una
gradazione di un grado,
un grado e mezzo più
bassa (12,5 contro 14)
e minore residuo zuccherino
(7/8%, contro 11/12%).
Vino perfetto per formaggi
cremosi e piccanti il
primo, insuperabile vino
da meditazione l'altro.
Merito del sole che ha
dentro, non c'è
dubbio.
IL
VINO
Il vigneto di Martingana
è vecchissimo oltre
100 anni. Le viti sono
di natura a bassissima
produttività, l’esposizione
è a Sud, e l’appassimento
sulle pietre al sole si
protrae per oltre 30 giorni.
Prodotto con uva Moscato
d’Alessandria, chiamata
popolarmente Zibibbo,
che viene raccolta in
Agosto, selezionando solo
le uve migliori.
La vinificazione si ottiene
con la lenta fermentazione
del mosto, dopo la spremitura,
è innescata con
del mosto fiore di uva
Zibibbo, lasciata appositamente
sulla pianta; fa anche
un breve periodo di maturazione
in botti di legno di rovere.
Al profumo monto fruttato
di albicocca passita e
di fichi secchi e datteri,
si aggiungono toni che
richiamano il fungo secco
e spezie, c’è il
sole dentro; al gusto
è molto pieno,
dolce, mieloso ma non
stucchevole.
Un vino che offre sensazioni
uniche, stupendo da compagnia,
ideale vino da dessert
oltre che da formaggi
piccanti e o erborinati.
Il toponimo deriva dal
nome dell’antica imbarcazione
a vela latina, che una
tradizione vuole sia affondata
nel tratto di mare di
fronte a questo vigneto.
MOSCATO
D’ASTI BRICCO QUAGLIA
Docg
LA
SPINETTA
LA
ZONA DI PRODUZIONE, IL
VINO
UN PO' DI STORIA.
Non si conosce la data
precisa dell'introduzione
del vitigno MOSCATO Bianco
in Piemonte.
Certo è il più
antico coltivato in questa
Regione.
Sembra abbia avuto origine
in Grecia o comunque nel
bacino orientale del Mediterraneo.
Le sue uve furono descritte
infatti gia in epoca romana
con i nomi di Apianae
da Catone ed Apicae da
Columella e Plinio per
indicare la particolare
predilezione per il dolce
aroma che già allora
dimostravano le api nel
succhiare i suoi acini
dorati.
Coltivato ed apprezzato
da più di due millenni,
si diffuse in tutta la
nostra penisola e soprattutto
nella zona del Piemonte
in provincia di Cuneo.
Citato per la prima volta
in cronache del 1200,
successivamente il vitigno
si diffuse sulle colline
intorno a Canelli: perciò,
a livello internazionale,
per distinguere questo
vitigno dagli altri moscati,
lo si chiama appunto Moscato
Canelli. A partire dal
1300 il vino dolce, aromatico,
alcolico era assai rinomato
e ricercato nelle regioni
settentrionali italiane.
Era stato rilanciato dai
commerci dei mercanti
veneti. Nel 1511 il "Muscatellum"
è citato negli
statuti di La Morra: qui
vi era l'obbligo nei reimpianti
di coltivarlo in percentuale
agli altri vitigni. Altra
citazione nel 1597 in
una richiesta di talee
alla comunità di
Santo Stefano Belbo da
parte del Duca di Mantova.
Soltanto dal 1700 le tecniche
di viticoltura migliorarono
grazie a Giovanni Battista
Croce, milanese, gioielliere
di corte Savoia, trasferitosi
a Torino a fine cinquecento;
considerato il fondatore
dell'enologia piemontese
per i vini dolci aromatici,
poco alcolici, ne codificò
in un trattato divulgativo
le norme di preparazione.
Il vitigno é molto
delicato e sensibile nei
confronti delle condizioni
climatiche; è vigoroso,
ma esigente in fatto di
terreno: predilige zone
solatie (sorì)
basso collinari dove predominano
le marne bianche ricche
di calcare o quelle grigie-azzurrognole
tufacee inframezzate da
banchi sabbiosi.
Si eprime con produzioni
costanti e soddisfacenti
dell'uva che ne é
il frutto formato da acini
raccolti a grappolo. Il
ciclo vitale, dalla fioritura
alla maturazione del frutto,
é uno dei più
lunghi fra gli alberi
da fruttiferi: inizia
in primavera e termina
in autunno.
Cosi esposto a tutte le
intemperie primaverili
estive ed autunnali, comporta
un forte rischio per ciò
che riguarda la qualità
finale del raccolto.
Il grappolo è medio
piccolo, di forma cilindrico-conica
con acini sferoidali,
buccia abbastanza spessa
di colore giallo dorato
che diventa ambrato al
sole con maculature brunastre;
la polpa si presenta consistente
con sapore spiccatamente
aromatico (di moscato)
e dolce.
Il comprensorio viticolo
é collinare e situato
alla destra del fiume
Tanaro, nella Langa e
nell'Alto Monferrato.
La zona d'origine dalla
quale proviene l'unica
uva Moscato Bianco atta
a produrre il Moscato
d'Asti, è stata
ufficialmente delimitata
fin dal 1932 ed interessa
le tre province di Cuneo,
Asti ed Alessandria. La
localizzazione di un vigneto
in quest'area deriva dalle
reali possibilità
di ben vegetare e ben
fruttificare e da secoli
di dedizione viticola
tendente ad evidenziare
la necessità di
ottenere qualità
e caratteristiche del
vino ripetibili nel tempo.
Il "vino bianco",
denominazione che da secoli
indica localmente il Moscato
d'Asti, ha come caratteristica
peculiare quella di mantenere
il fresco aroma dell'uva,
una dosata sensazione
di dolce, unita alla freschezza
e alla moderata gradazione
alcolica.
Le uve sono spremute e
pressate per ottenere
un succo libero da graspi,
bucce e vinaccioli.
Il mosto viene fatto decantare
per pulirsi da sostanze
fecciose e quindi illimpidirsi
naturalmente.
E' mantenuto tale col
raffreddamento e con la
filtrazione.
La leggera ed attenta
fermentazione prima dell'imbottigliamento
conserva le caratteristiche
fresche sensazioni aromatiche
inconfondibili dell'uva.
E' vino vivace, talvolta
frizzante, con titolo
alcolometrico volumico
totale minimo di 11°
di cui svolto da 4,5°
a 6,5°.
Ha colore giallo paglierino
con vaghi riflessi verdolini
o giallo dorato poco carico.
Emana un profumo intenso,
suadente, penetrante,
fragrante, molto fruttato,
caratteristico dell'uva.
Al gusto, armonico, delicato,
si ritrovano le medesime
sensazioni aromatiche
dell'uva.
Il sapore é dolce,
aggraziato, fresco, con
buona acidità e
lunghissima persistenza
Il Regolamento del 1927
per l'esecuzione del Regio
Decreto del 7 marzo 1924
definiva il "Vino
Tipico" e così
lo si poteva indicare.
La costituzione il 17
dicembre 1932 del Consorzio
per la tutela del "Vino
Tipico Moscato d'Asti"
ne definiva la denominazione
e ne limitava il territorio
d'origine.
Il riconoscimento a "Vino
a Denominazione d'Origine
Controllata" è
del 9 luglio 1967. E'
stato infine classificato
"Vino a Denominazione
d'Origine Controllata
e Garantita" il 29
novembre 1993.
LA
SPINETTA
Giuseppe Rivetti, sbarcato
in Argentina agli inizi
del '900, gia' pensando
al ritorno nel suo vecchio
Piemonte, non avrebbe
mai immaginato che il
figlio, insieme ai futuri
nipoti, avrebbe dato vita
alla bella realta' oggi
rappresentata da Giuseppe
Rivetti con i figli Giorgio,
Bruno e Giancarlo.
L'azienda, che ha sede
all'Annunziata di Castagnole,
ha saputo raggiungere
i massimi livelli qualitativi
a livello nazionale. Nominata
"Cantina dell'anno"
nell'edizione 2001 della
Guida ai Vini d'Italia
di Gambero Rosso-Slow
Food, e' da tempo costantemente
ai vertici di tutte le
principali pubblicazioni
del settore. "Pin"
era noto da decenni per
il suo ottimo Dolcetto,
ma la svolta inizio' negli
anni '80, quando si dedico'
alla produzione di un
Moscato d'Asti selezionato
e di alto livello.
I figli, coadiuvati dalle
rispettive consorti, hanno
puntato esclusivamente
a far crescere la qualita'
dei vini partendo dalla
grande cura e limitata
produzione dei vigneti
di proprieta', che si
estendono per molti ettari
tra Castagnole Lanze,
Costigliole, Neive, Treiso,
Mango, Grinzane Cavour,
consentendo la produzione
di vini eccellenti, apprezzati
in Italia e nel mondo,
con molte delle principali
denominazioni dell'astigiano
e dell'albese. Piu' recente
l'acquisizione della Fattoria
Fichino in Toscana, non
lontana da Pisa, dove
si produce Sangiovese.
I vini: Barbera d'Asti
"Ca' di Pian";
Barbera d'Alba "Vigneto
Gallina"; Barbera
d'Asti Superiore; Monferrato
Rosso "Pin";
Barbaresco Vursu' Gallina;
Barbaresco Vursu' Starderi;
Barbaresco Vursu' Valeirano;
Chardonnay "Lidia";
Langhe biancoSauvignon;
La Spinetta Passito oro;
Moscato d'Asti e ultimi
arrivati il Sangiovese
ed il Barolo.
IL
VINO
Vigneto nel comune di
Castagnole Lanze (AT)
con età media delle
piante di circa 40 anni,
esposizione sud.
Le uve vengono vendemmiate
e vinificate a partire
da inizio settembre. Dopo
l’eliminazione delle parti
solide, mediante la pressatura,
il mosto ottenuto viene
chiarificato leggermente
e filtrato per renderlo
limpido, dopodiché
viene fatto fermentare
fino a 4,5% vol di alcol,
la fermentazione viene
bloccata mediante le basse
T° (-2 gradi). Durante
questa fase il mosto-vino
si arricchisce di anitride
carbonica, (fino a una
pressione di circa 1,7
atmosfere) che lo rende
vivace e fresco al gusto.
Infine si ha l’imbottigliamento
a freddo previa filtrazione
sterile.
Il vino si presenta ricco
al corpo, vivace, brillante,
fresco e delicato, dolce
e leggermente grasso con
intensità di profumi
marcati, ( aroma muschiato,
la pesca e l'albicocca,
sentori di salvia, limone
e fiori d'arancio, canditi,
uva sultanina, erbe aromatiche,),
che hanno una evoluzione
positiva durante la permanenza
in bottiglia quindi è
rimarchevole il fatto
che dopo un anno di bottiglia,
cosa inusuale per un moscato,
si presenti ancora con
spiccate caratteristiche
di freschezza e fragranza
il tutto supportato da
una struttura importante.
Si abbina a tutti i dolci
ma eccelle sulle crostate
di frutta gialla e con
il panettone; è
diventato un piacere berlo
anche il pomeriggio al
posto del the o come aperitivo.
ALBANA
DI ROMAGNA PASSITO SCACCO
MATTO Docg
FATTORIA
ZERBINA
LA
ZONA DI PRODUZIONE, IL
VINO
UN PO' DI STORIA.
L'Emilia Romagna evoca,
in campo enologico, vini
spensierati, spesso frizzanti
ed abboccati.
La visione che ci appare
della regione è
quella di vigneti destinati
alla produzione di grandi
quantità con uve
per prodotti spesso di
modesto contenuto alcolico.
Ciononostante, in questa
regione dalla storia sempre
agitata, ricca ed intensa,
dove persino il Cabernet
Sauvignon frizzava, a
partire dagli anni settanta,
una nuova tendenza ha
riformato i canoni enologici.
Hanno visto la luce anni
di frenesia, in cui i
migliori produttori si
sono impegnati per recuperare
il tempo perso dietro
alla quantità dedicandosi
unicamente alla qualità.
L'attenzione rivolta a
pratiche di vigneto alternative,
alla selezione clonale,
a sesti d'impianto più
attuali, a nuove forme
d'allevamento, a rese
limitate ed impensate
per queste zone. Più
attenzione poi è
stata posta all'innovazione
in cantina, alle interazioni
con i legni, ai giusti
tempi di macerazione ed
affinamento. In Emilia
Romagna tutto ciò
non è più
un pensiero pionieristico,
ma ormai una tendenza
sufficientemente consolidata.
Il nostro itinerario può
iniziare dall'ameno ed
invitante paesaggio dei
Colli Piacentini. Risalendo
le valli Arda, Tidone,
Trebbia, Nure che dalla
pianura rimontano le colline
piacentine s'incontrano
terreni vocati dove nulla
sembra affidato al caso
e i dolci pendii sono
fregiati da regolari geometrie
di filari. In questi luoghi,
ogni valle sembra possedere
la sua vocazione e, se
in Val Tidone regnano
le uve rosse, la Val Trebbia
è consacrata alla
bacca bianca. Un piacevole
territorio disseminato
di 400 fra rocche e castelli
con un re incontrastato:
il Gutturnio, uvaggio
di Barbera e Bonarda.
La D.O.C. Colli di Parma
comprende tre sottodenominazioni,
due relative a bianchi
(Malvasia e Sauvignon)
e una al Rosso che può
essere ottenuto da uve
barbera, bonarda e croatina.
Doveroso un tuffo nello
spumeggiante mondo del
Lambrusco e delle sue
denominazioni: Reggiano,
di Sorbara, Salamino di
Santa Croce e Grasparossa
di Castelvetro. Di colle
in colle, passati quelli
che prestano il nome alle
certificazioni di Scandiano
e Canossa, assaggiato
un fresco calice di Montuni
del Reno doc, ecco i Colli
Bolognesi. Qui sono prodotti
nove vini dei quali tre
rossi e sei bianchi.
Ad eccezione del Barbera,
del Bianco, del Riesling
Italico e del Pignoletto
che sono ottenuti con
vitigni italiani (alcuni
dei quali autoctoni),
gli altri sono tutti d'origine
francese.
A levante del Sillaro,entriamo
nella zona ove oltre alla
prima (1987) ed unica
DOCG regionale Albana
di Romagna (prodotto in
più versioni: Secco,
Amabile, Dolce e Passito)
troviamo le doc Sangiovese
di Romagna ottenuta da
uve sangiovese più
un 15 per cento d'altre
tipologie a bacca rossa
tipiche della zona, Trebbiano
di Romagna vino quotidiano
dallo stile inconfondibile
prodotto in circa 110000
ettolitri annui, Ente
Tutela vini di Romagna,
Colli d'Imola, Colli di
Faenza, Colli di Rimini,
Pagadebit e Cagnina. Punto
finale del percorso, la
vasta zona posta nelle
province di Ferrara e
Ravenna. Quest'area, contraddistinta
da terreni prevalentemente
sabbiosi, tagliati da
fiumi e canali, è
denominata Bosco Eliceo
ovvero la doc conosciuta
come quella dei "vini
della sabbia".
Le prime notizie sul vino
Albana sono avvolte nella
leggenda. Si racconta
che la figlia dell'imperatore
Teodosio, Galla Placidia,
assaggiò per prima
questo vino durante una
sosta in un paesino della
Romagna. Le fu servito
in una rozza brocca di
terracotta ma appena l'ebbe
bevuto fu estasiata dalla
bontà di quel nettare
tanto che esclamò:
- Non così umilmente
ti si dovrebbe bere, bensì
berti in oro, per rendere
omaggio alla tua soavità
-
Da allora, si dice, alla
corte di Ravenna si bevve
Albana in preziosissime
coppe dorate e che il
paese dove la principessa
si fermò a ristorarsi
prese il nome di "Bertinoro",
nome che ancora oggi conserva.
Risulta inoltre che Federico
Barbarossa, al tempo in
cui fu ospite della contessa
Frangipane proprio a Bertinoro,
fosse talmente entusiasta
dell'Albana da concedersi
frequenti sbornie.
L'uva Albana si coltiva
solo in Romagna: si tratta
quindi del vitigno autoctono
per antonomasia.
E' stato anche per questo
motivo, oltre che per
l'indiscusse qualità
organolettiche, che l'Albana
di Romagna è stato
il primo vino bianco ad
ottenere, nel 1987, la
Denominazione di Origine
Controllata e Garantita.
FATTORIA
ZERBINA
Una collina che, salendo
progressivamente verso
il crinale dell'Appennino
tosco-romagnolo, offre
alla vite un complesso
di condizioni pedoclimatiche
variate e allo stesso
tempo favorevoli.
Condizioni che attraverso
la sapiente interpretazione
dell'uomo permettono ai
più diversi vitigni
di trovare la loro migliore
espressione. Sangiovese
ed Albana in particolare
trovano nelle argille
rosse e nei terrazzi alluvionali
della Fattoria Zerbina
le condizioni ideali per
il loro sviluppo.
La Fattoria Zerbina vinifica
solo le uve provenienti
dai vigneti di proprietà,
che si sviluppano su un'unica
superficie di 28 ettari
tra il podere di Vicchio
e la Fattoria Zerbina
stessa. Dal sangiovese
nascono vini d'annata,
rotondi e fruttati, e
riserve di grande struttura,
che uniscono alla piacevolezza
del frutto notevoli capacità
di invecchiamento. Dall'Albana
invece, grazie ad un particolare
microclima, nascono vini
dolci da muffa nobile,
selezionando con ripetuti
passaggi in vigna solo
gli acini e le porzioni
di grappolo ritenute migliori.
Trebbiano, Chardonnay,
Sauvignon e Cabernet Sauvignon
completano la gamma dei
vitigni coltivati e vinificati,
da soli o in purezza,
per produrre ogni anno
vini degni di portare
il nome Fattoria Zerbina.
IL
VINO
Coltivato nella Vigna
del Laghetto Esposizione
Sud Terreno franco-argilloso,
con sistema di allevamento
a pergoletta romagnola
con 2500 piante per ettaro,
piantate dal 1980 al 1988.
La raccolta delle uve
avviene da fine ottobre
a metà novembre.
Fermentazione in carati
di rovere francese nuovi.
Affinamento: 16-18 mesi
in carai, 24 mesi in bottiglia
Dal colore giallo oro
intenso con rapidi riflessi
oro antico, quasi ambrato,
brillante
Profumo elegante e profondo,
intenso, con sentori ripetuti
di confettura di pesca,
miele e più sfumato
di muffa nobile con finale
leggermente mandorlato.
Al gusto rivela la profondità
riflessa al palato, di
dolce e misurata avvolgenza
che si completa con la
tenue amaritudine della
muffa nobile, con una
persistenza fuori dal
comune.
Lo abbinerei al patè
di fegato d'oca, formaggi
erborinati piccanti -
Gorgonzola naturale, Stilton
e Roquefort, Taleggio
stagionato a pasta cruda;
servire ad una temperatura
di circa 12°.
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