Qualche
spumante famoso
IL
PROSECCO Doc
di
CONEGLIANO E VALDOBBIADENE
SPUMANTE EXTRA
DRY
GREGOLETTO
IL
VITIGNO, LA ZONA DI PRODUZIONE,
IL VINO
UN
PO' DI STORIA:
Il Prosecco è un
vitigno autoctono coltivato
dall'inizio del 1800 nei
colli di Conegliano e
Valdobbiadene. Le indagini
e gli studi non hanno
chiarito la sua origine
che per alcuni è
legata al "Pulcino"
un vino assai conosciuto
e famoso in epoca Romana.
Altri lo ritengono originario
delle propaggini del carso
triestino, dove infatti
si trova il paese di Prosecco
e dove è ancora
coltivata la
"Glera", un
vitigno molto simile al
Prosecco. Ma come ricordava
il Prof. Giancarlo Follador
durante la presentazione
del bel libro fotografico
su "La terra del
Prosecco", al, paese
di Prosecco nessuno produce
questo vino. Se 1'origine
è misteriosa una
cosa è certa, il
Prosecco in quasi due
secoli si è diffuso
solo nelle colline di
Conegliano e Valdobbiadene
e questo perché
malgrado si tratti di
un vitigno molto "rustico"
pretende un ambiente molto
specifico: colli ben esposti,
piogge abbondanti e frequenti,
temperature miti prolungate
da aprile ad ottobre e
sbalzi termici forti nel
periodo della maturazione
tra il giorno e la notte.
In ambiente diversi il
Prosecco dà risultati
mediocri, non matura o
perde irrimediabilmente
l'aroma, la leggerezza
e freschezza, diventa
così nel
migliore dei
casi un frizzantino.
GREGOLETTO
Gregoletto è un
nome che evoca passione,
quella grandissima
che Luigi ha per la sua
terra,
per la vigna, per il
Prosecco.
Un vignaiolo che
ha radici storiche
che
risalgono
al 1792; che ha portato
una piccola frazione
della
Marca Trevigiana,
Premaor di Miane
ad essere
conosciuta in tutta
Italia e oltre,
grazie alla bontà
dei suoi vini, semplici
e schivi come Lui, ma
proprio per questo sinceri
e pieni di quella operosità
contadina che è
impossibile non amare,
insomma un artigiano del
vino, con tutto quel di
artistico e concreto che
c’è in questa definizione.
Una azienda di solide
radici. Oggi Luigi Gregoletto
può contare
sul valido apporto
dei due
figli enotecnici Giuseppe
ed Antonella, della
quale abbiamo conosciuto
l’amore
e l’impegno per la
vigna, motivo di grande
orgoglio
per il padre.
IL VINO
E' il Prosecco "classico",
la versione che combina
l'aromaticità e
la vellutata sapidità
con la vivacità
delle bollicine. Il colore
è paglierino brillante
ravvivato da perlage,
i profumi sono di frutta,
pesca, mela, pera, con
un sentore di limone che
sfuma nel floreale, una
aromaticità fresca
e ricca di sensazioni.
In bocca il vino si distende
morbido, avvolgente e
al tempo stesso asciutto
grazie ad una acidità
ben presente. Da aperitivo
per eccellenza, ideale
a 8-10°C su minestre
di legumi e frutti di
mare, paste con delicati
sughi di carne, formaggi
freschi e carni bianche
d'alta corte; e per chi
non amasse i vini dolci,
questo extra dry è un
buon compromesso per
accompagnare i dessert.
GIULIO
FERRARI RISERVA DEL FONDATORE
BRUT
TRENTO
DOC VSQPRD
FERRARI
UN
PO' DI STORIA. Dopo sei anni
trascorsi
in
Francia, a studiare
ogni minimo particolare,
ogni
sfumatura della
Champagne e dei processi
lavorativi
che in essa si
applicavano per ottenere
quel
superbo spumante,
Giulio Ferrari,
nato a Trento nel
1879,
e quindi cittadino
dell’impero
austro-ungarico
(il Trentino, infatti,
fu annesso al
Regno d’Italia
solo
nel 1918, con la
vittoria nella
prima guerra
mondiale),
si convinse che
la sua terra serbava
delle potenzialità
addirittura superiori
a quel pezzetto di terra
francese, conosciuto in
tutto mondo, per il suo
"champagne".
Così, il nostro
rientra in Italia con
un obiettivo ben preciso
davanti a sé: produrre
uno spumante nella sua
regione che fosse equivalente
e persino migliore di
quello francese, al quale
era riuscito a carpire
parecchi segreti nel corso
dei suoi studi francesi.
Correva l’anno 1902 quando
Giulio Ferrari diede vita
alla sua creatura, in
una cantina nel centro
di Trento, dove l’azienda
rimase per ben 70 anni
prima di trasferirsi nell’attuale
sede di Ravina. Per riuscire
a far vivere quella splendida
idea che aveva in mente,
piantò il Chardonnay,
famoso per essere il vitigno
che regala gli spumanti
più nobili e pregiati.
Era una grande innovazione
ed intuizione: prima di
lui nessuno si era azzardato
a farlo. Nei primi tempi
la produzione, ovviamente,
era molto limitata, nemmeno
paragonabile a quella
attuale. Si trattava di
un lavoro prettamente
artigianale, ma di altissima
qualità, che tendeva
continuamente alla ricerca
del miglioramento; ogni
bottiglia era una personale
creazione di Giulio Ferrari.
Il primo anno produsse
100 bottiglie: ma per
rendere un’idea della
cura che egli poneva in
esse, dalla vigna, passando
per la pigiatura, l’imbottigliamento,
fino all’invecchiamento
e quindi alla classica
coppa, basti dire che
altre cento dovettero
essere eliminate, con
uno scarto del 50%!!!
Nel 1906, dopo quattro
anni, la produzione arrivò
a toccare le 300 bottiglie
che venivano vendute ad
un prezzo elevatissimo.
Ciò nonostante,
le bottiglie di "champagne
Ferrari" andavano
a ruba e, in ragione della
loro alta qualità,
venivano vendute
nello spazio di
poche ore.
Nel 1952, dopo
50 anni dalla fondazione,
non
avendo figli ed
eredi
in grado di garantire
continuità a quel
marchio che gelosamente
custodiva ed al prestigio
che da esso ne derivava,
per merito di una vita
dedicata a quello scopo,
decise di vendere la ditta
al ragionier Bruno Lunelli,
che acquistò il
tutto sborsando una cifra
enorme per quei tempi:
30 milioni di lire. Gli
aspiranti acquirenti erano
molti, ma penso che Giulio
Ferrari fu contento di
vendere a Lunelli, non
tanto per il denaro ricavato,
ma perché era
sicuro di avere
messo il suo
gioiello in mani
sicure, quelle
di una famiglia
che avrebbe continuato
la strada intrapresa
dal
fondatore.
Quando Ferrari
cedette l’attività produceva
8.800 bottiglie, tutte
frutto dell’uva che coltivava.
Eravamo ancora al cospetto
di una produzione molto
bassa, che non riusciva
a soddisfare le richieste
del mercato sempre più
attratto da quel superbo
spumante italiano. Bruno
Lunelli, dunque, entrò
in scena pagando una cifra
altissima per un nome:
"Ferrari". Con
quei trenta milioni, infatti,
non ebbe nient’altro,
né vigne, né
muri. Il risvolto importante
dell’operazione consistette
nella permanenza in cantina
di Giulio Ferrari che,
peraltro, non riuscì mai
a staccarsi da
essa fondamentale
per
i futuri
traguardi e successi
cui la famiglia
Lunelli sarebbe
andata incontro.
Piano piano, poi,
Lunelli iniziò anche ad
acquistare dei vitigni,
così da
garantirsi, in
ogni caso, una
produzione propria
con le scelte,
le attenzioni e
la cura
dovuta. Oggi i
contadini si vantano
di fornire
l’uva alle cantine
Ferrari
e seguono per filo
e per segno quanto
viene loro
consigliato dagli
enologi, in particolare
dall’occhio
vigile di Mauro
Lunelli.
Nel 1965 scomparve
l’ottantaseienne
Giulio Ferrari,
con l’intima
e fondata rassicurazione
che il suo spumante
avrebbe
percorso ancora
tanta strada; mentre
nel
1973
si spense, a 67
anni, Bruno Lunelli,
che
aveva
passato la mano
ai figli Franco,
Gino
e Mauro nel
1969: anno in cui
la produzione aveva
toccato
le 100.000
bottiglie! Nonostante
ciò la domanda
superava ancora abbondantemente
l’offerta: quindi i fratelli
Lunelli, dopo aver vagliato
attentamente la situazione,
decisero di trasferirsi
nell’attuale sede, dove
presto la produzione arrivò a
quota 300.000.
E così siamo ai
giorni nostri. La cantina,
che all’inizio sembrava
enorme, è stata
ulteriormente ampliata:
oggi occupa un’area di
30.000 metri. La produzione
è di 3.200.000
bottiglie l’anno, tutte
vendute. L’uva è
sempre quella dei vigneti
trentini, di proprietà della
famiglia Lunelli
o di contadini
sotto il
controllo di
essa.
IL VINO
Summa dell’arte
spumantistica
italiana,
il Giulio Ferrari
Riserva del
Fondatore è una delle etichette
più prestigiose
del nostro
panorama
vinicolo,
oltre a rappresentare
il fiore
all’occhiello
della celebre
maison
trentina.
Prodotto solo
in annate eccezionali,
il “Giulio”
nasce nel vigneto
Maso
Pianizza, situato
a 550 metri
di altitudine
sulla
riva sinistra
del fiume Adige.
Grazie all’esposizione
a sud, che
garantisce
la presenza
del sole fino
al tardo pomeriggio,
i
grappoli di
Chardonnay
subiscono una
maturazione
lenta ed equilibrata,
che ritroviamo
nella piena
armonia gusto
olfattiva
del bicchiere.
Giallo paglierino
molto carico,
impreziosito
da
venature
che ricordano
l’oro
antico. Il
perlage
si mostra
di ottima
finezza
e discreta
intensità.
All’olfatto palesa un
bouquet ampio, si va dalla
crosta di pane alla pietra
focaia, dalla resina al
biancospino, dal balsamo
al finocchio selvatico.
Il palato è registrato
su di una
freschezza
decisa,
e sull’apporto
energico
delle bollicine,
aspetti che
tendono a
prevalere
(di poco)
sulla
morbidezza
ed il
calore conferito
dall’alcol.
Equilibrato
e persistente
il finale,
in cui
si
fa largo
un
leggero e
piacevole
gusto di miele.
FRANCIA
CORTA CUVEEE ANNAMARIA
CLEMENTI Docg Vsqprd
CÀ
DEL BOSCO
LA
ZONA DI PRODUZIONE,
IL VINO
UN
PO' DI STORIA Innanzitutto è necessario
individuare
i confini
geografici
di
quella che
ai giorni nostri
è conosciuta come
"la terra delle
bollicine".Nel
gergo locale,
infatti, viene indicata
come Franciacorta
"quella parte della
provincia di Brescia
che
si estende
ad Occidente della città ed
è compresa tra:
il fiume Oglio ad
Ovest,
le colline alla
destra del Fiume Mella
ad Est,
il Lago d'Iseo
e le ultime propaggini
delle Alpi
Retiche a Nord
e la pianura sud collinare
a Sud",
comprendendo
nella parte centrale
quel territorio
che costituisce
dal lato morfologico
l'Anfiteatro
morenico sebino
o della Franciacorta.L'origine
storica del termine
Franciacorta
è ancor oggi dibattuta.
Tuttavia è possibile
riscontrarne l'utilizzo
sin dai primi
anni del secondo
millennio.Inizialmente
il territorio
oggi conosciuto come
Franciacorta veniva
individuato con
l'appellativo
"Valle d'Iseo";
ne è testimonianza
il testo dell'ordinanza
contenuta nell'ottavo
libro degli Statuta
Communis
Civitatis Brixiae
risalente all'anno
1277. Solo un
secolo e mezzo
più
tardi la stessa
porzione di
territorio verrà
chiamata con il
nome di Franciacorta.Successivamente
nelle mappe della
Repubblica Veneta
questa zona viene
denominata con
il termine
"Franza Curta"
e dalle stesse
mappe si desume
che il territorio
interessato ha
una sua delimitazione
ben precisa
corrispondente
a due delle
quattro quadre
in cui
era diviso
il territorio bresciano
sotto l'Amministrazione
della serenissima:
la quadra di
Rovato
e quella
di Gussago.Il
Malvezzi nel
1412 fa risalire
il
nome all'epoca
dell'invasione
dei Franchi
guidata dall'allora
condottiero
Carlo
Magno, il quale
prima di attaccare
la città di
Brescia aveva
eretto una
sorta
di accampamento
per il ristoro
e il riposo
delle
truppe nel territorio
della Franciacorta.
Risulterebbe
quindi che l'etimologia
del nome sia
da individuare
nel breve dominio
dei Franchi
in queste terre.Altri,
collegano il
nome a fatti
accaduti nel
novembre
1265, quando
uomini di
Rovato, Erbusco,
Capriolo
si ribellarono
alle truppe
di Carlo d'Angiò,
e interpretano,
con fantasia
il "corta" con
la breve permanenza
in
zona dei francesi.La
terza ipotesi,
che gode di
maggior
credito, è suffragata
dalla condizione
secolare
di buona parte
del territorio
franciacortino
donato
a titolo franco,
ossia libero
da imposte,
dai
Longobardi prima
e dai Franchi
poi ai monaci.
Infeudazioni
del genere
"curtes francae"
esistevano a Timoline,
Nigoline, Tobiato,
Borgonato,
Colombaro e
Gussago. Il nome
si sarebbe
poi esteso
a comprendere
una zona sempre
più vasta.CÀ
DEL BOSCONella
Franciacorta,
in una grande
casa
nel
bosco, si stabilì
nel 1965 Annamaria
Clementi, madre
di Maurizio Zanella.
Fra le colline
di Erbusco,
Zanella incominciò
a coltivare la
passione di
creare vini pregiati.
È uno dei marchi
più prestigiosi
della viticoltura
italiana.
Si può dire
che dal 1968
questa azienda-gioiello
di Erbusco, in
provincia
di Brescia, con
96 ettari
di vigneto,
abbia
fatto apprezzare
in tutto il
mondo il "Franciacorta":
le uve Chardonnay,
Pinot
Bianco e Pinot
Nero allevate
sulle colline
che guardano
il Lago d'Iseo
danno infatti
origine ad
alcuni fra
i più pregiati
spumanti italiani
attualmente
sul mercato.
La gamma
è completata anche
da prestigiosi vini
tranquilli,
quali il Maurizio
Zanella, il Carmenero,
il Pinero,
i Terre di
Franciacorta Rosso e
Bianco. “Unico
il Pinot Nero
brut 1980, pressoché introvabile,
per me uno dei spumanti
migliori italiani
degustati”. IL VINODi
opulenta morbidezza
questo spumante;
ricco in densità estrattiva,
avvolgente al sapore,
ben nitido all'olfatto
ed ancora contenuto
in
evoluzione.Prodotto
da uve Chardonnay
(60%),
Pinot Bianco
(20%) e Pinot Nero
(20%), il perlage
è finissimo, continuo
e regolare¸ ha
un bel colore paglierino
dorato carico
e brillante. Al naso
si presenta con
un bouquet
ricco, profondo, complesso,
dove le note
fruttate si
fondono
con garbo ai sentori
speziati
di vaniglia
e lievito. In bocca è un
incantevole
equilibrio di struttura,
eleganza, piacevolezza,
finezza e persstenza
aromatica.
Un vero capolavoro
italiano.
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